Il culto dell’Arcangelo Michele nei luoghi della transumanza
Il culto di San Michele Arcangelo è profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni pastorali. L’arcangelo guerriero eredita gran parte del culto italico di Ercole, adorato dai pastori per l’eccezionale forza fisica, che gli consente di superare prove faticose, come faticosa è la transumanza. L’arcangelo biblico, con le sue grotte e le sue sorgenti, accomuna tanti luoghi delle vie transumanti: vedremo qui l’esempio di Bominaco e di Corleto Monforte.
L’ Arcangelo Michele eredita la funzione e il significato di Ercole, figura di eroe altamente significativa per i popoli italici, particolarmente nelle nostre zone.
La decima fatica di Èracle (così si chiamava Ercole in Grecia) comporta infatti che l’eroe giunga nella penisola italica dopo la cattura dei buoi di Gerione: ucciso il mandriano Gerione e impadronitosi degli armenti, Eràcle inizia un lungo viaggio attraverso l’Italia.
Qui egli romanizza il proprio nome, da Èracle diventa Ercole, e inizia una serie di ulteriori fatiche per difendere il bestiame appena conquistato da tutti i mostri (tra cui Caco) che tentano di rubarglielo.
E diventa il protettore degli eroi combattenti, dei viandanti, e dei pastori.
Quello di Ercole è un culto universalmente diffuso in Italia, testimoniato da centinaia di bronzetti e di statue che lo raffigurano con la clava e la pelle di leone (leonté), databili prevalentemente dal IV al I sec. a.C. Citiamo qui per tutti il gigantesco Ercole del Museo Archeologico di Chieti, rinvenuto ad Alba Fucens, a testimonianza della sua diffusione nella nostra area. Ma è solo un esempio.

Numerosissimi sono infatti i luoghi che hanno restituito tracce importanti del culto di Hercules nell’aquilano e zone limitrofe. Ovunque si riteneva che Ercole, come nume tutelare, avesse il potere di garantire abbondanza di acqua, e protezione dai ladri e dagli spiriti malvagi che potevano assalire il bestiame. Ad Ercole si legano perciò sorgenti e grotte, roccia e acqua: quanto serve al viaggio del pastore.
Il culto dell’Arcangelo Michele nei luoghi della transumanza
L’Arcangelo Michele e l’eredità di Hercules: un sincretismo protettivo
Con la diffusione del Cristianesimo, la figura pagana di Ercole si trasforma, come spesso accade, e l’Arcangelo Michele, con la sua immagine di guerriero celeste che sconfigge il male, diventa il nuovo protettore delle greggi e dei pastori: la pelle del leone è sostituita da un mantello, la clava da una spada; naturalmente ha le ali (e non il cavallo, come San Giorgio, con cui spesso viene confuso), e a volte viene raffigurato con in mano una bilancia, simbolo di giustizia divina.
Come Ercole uccideva i mostri, Michele uccide i demoni, gli unici mostri contemplati dal cristianesimo.

Questo processo sincretico permise agli allevatori-pastori di continuare a identificarsi con un potente (e legittimo) protettore, in un ambiente naturale spesso ostile e denso di pericoli.
Vedremo come la potente figura dell’Arcangelo ha mediato tra mondo pagano e mondo cristiano, inglobando progressivamente anche altri elementi culturali: l’immaginario religioso longobardo, l’ideale cavalleresco medievale, l’antica cultura pastorale, e i luoghi ascetici degli ordini monastici, spesso coincidenti con le tappe di ristoro dei pastori.
Ma perché proprio San Michele?
I miracoli dell’Arcangelo Michele
Nell’Antico Testamento, nel Libro di Daniele (Dn 10, 13 e 21; 12, 1), Michele è figura di spicco, è il “grande principe” che lotta per la difesa e la protezione del popolo di Dio. La sua forza è evidente già dal nome, “Mik’ael”, che significa “Chi è come Dio?”, che fu il grido di battaglia con cui l’ Arcangelo Michele, alla guida delle schiere degli angeli fedeli a Dio, sedò la rivolta degli angeli ribelli, guidati da Satana.
Il riferimento più diretto e autorevole a Michele come vincitore del drago (cioè Satana) si trova poi nel Libro dell’Apocalisse (Ap 12,7-9) di San Giovanni, dove è descritta la battaglia celeste: “Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago”. Ed è così anche in Dante (Inf, VII, 11).
La Chiesa ha sempre mantenuto una certa prudenza nella considerazione degli angeli, periodicamente sospendendone il culto, anche in questo caso, per evitare rischi di idolatria e di sovrapposizione fra le figure dell’ Arcangelo Michele e addirittura di Gesù Cristo.
Le “figure invisibili” esercitavano infatti un fascino straordinario sul popolo, soprattutto su chi conduceva una vita itinerante e solitaria, come i pastori e gli eremiti. Spesso le figure angeliche vengono definite “presenza“: una presenza tanto più necessaria, quanto più la vita era vissuta in solitudine.
Il culto di San Michele si è diffuso in modo così imponente da disegnare una linea sacra di 2.000 km in tutta Europa, Grecia e Galilea, linea che, secondo la leggenda, rappresenta il colpo di spada che San Michele inflisse a Lucifero per rimandarlo negli inferi.
Vediamo ora com’è nato questo culto, e come ha potuto diffondersi a macchia d’olio.
Il culto dell’Arcangelo Michele nei luoghi della transumanza
La risposta si trova in Puglia: il miracolo del toro e la devozione dei Longobardi
Il più antico e significativo luogo di culto legato all’Arcangelo in Italia è il Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano: tavoliere delle Puglie, luogo d’elezione della nostra transumanza.

L’origine del culto garganico è legata a una leggenda che ha cementato l’immagine di San Michele come protettore del bestiame e dei pastori, e si tratta del cosiddetto miracolo del toro, che qui enucleiamo in breve: il pastore Gàrgano aveva perso un toro, e lo ritrovò inginocchiato all’ingresso di una grotta. L’Arcangelo Michele apparve, e chiese di essere il patrono e custode di quel luogo.
La presenza del toro, simbolo sacro a divinità ancestrali, è fondamentale in questa vicenda leggendaria, che pare si ambienti temporalmente ai primi di maggio, quando il sole è nella costellazione del Toro, e quando iniziano i preparativi per la prima transumanza. Richiama inoltre la succitata decima fatica di Ercole.
Ritroviamo qui, inoltre, un evidente riferimento al topos dell’animale “che si inginocchia”, di cui già parlammo.
All’entrata di questo santuario sono scolpite le parole: “Terribilis Est Locus Iste“, e l’attributo terribilis sottolinea l’aspetto punitivo dell’Arcangelo, la sua spietatezza contro il nemico, e dunque la sua forza, garanzia di protezione dai pericoli.
Il culto si diffuse in tutta Europa grazie ai Longobardi, che a partire dal VII secolo trovarono in San Michele gli stessi attributi del loro antico dio della guerra Wodan, e lo adottarono come santo protettore. Come abbiamo rilevato più volte, i Longobardi stanziati in Italia adottarono e veicolarono numerosi contenuti autoctoni, quando assimilabili ai loro miti nordici.
Il culto dell’Arcangelo Michele nei luoghi della transumanza
Il doppio registro
Il culto divenne ancora più popolare durante le Crociate, quando l’immaginario medievale cortese di guerrieri e cavalieri individuò nell’Arcangelo un modello e un protettore. Ecco dunque che San Michele Arcangelo si caratterizza in una duplice veste: da un lato guerriero-cavaliere per nobili e soldati, dall’altro divinità prediletta dal mondo pastorale, protettore della campagna, di sorgenti e fiumi, nonché propiziatore di ricchi raccolti, erede di Ercole Curino.
I due registri, basso e alto, che sempre caratterizzano i miti, si riscontrano dunque anche nel caso dell’Arcangelo Michele.
San Michele e la transumanza: un legame indissolubile
La Via dell’Angelo, o Via Micaelica, è l’antico percorso di pellegrinaggio legato al culto di San Michele nei luoghi e nei santuari a lui intitolati, a partire dal Gargàno: un percorso fondamentale per la storia italiana ed europea, una struttura portante su cui s’innervano le successive vie francigena, benedettina e francescana.
E (guarda caso) è un percorso pervaso da grotte e sorgenti, spesso sulle vie transumanti.
Le due date principali di celebrazione di San Michele, l’8 maggio (Apparizione dell’Arcangelo) e il 29 settembre (Festa di San Michele Arcangelo), segnano tradizionalmente l’inizio e la fine dei cicli della transumanza. A maggio infatti le greggi si spostano dalla pianura alle zone di montagna, nella cosiddetta “monticazione” o transumanza verticale; a settembre, l’inizio della stagione fredda, avviene il percorso inverso, che porta le greggi in pianura o in zone più calde.
Ecco perché le vie transumanti sono costellate da chiese, edicole votive e santuari dedicati all’Arcangelo Michele: si tratta di punti di sosta, di preghiera, di ringraziamento, di abbeveraggio alle sorgenti e di riposo nelle grotte, nel corso del viaggio.
In Abruzzo, dove la devozione micaelica è fortemente radicata proprio grazie alla transumanza, ci sono decine le grotte dedicate al culto di San Michele Arcangelo. Luoghi spesso rupestri e sempre caratterizzati dalla presenza di caverne e sorgenti. Si tratta di una peculiarità di tutte le zone in cui si pratica l’allevamento e la transumanza. Ma ci piace citare qui anche la limitrofa Sabina, perché da sempre la gente sabina ha rivolto una grande devozione nei confronti di San Michele, tanto da accorrere sul Monte Tancia ogni anno per celebrare la festa del Santo.
Gli esempi vicini
Nell’aquilano i santuari, gli eremi e i monasteri dedicati a San Michele sono innumerevoli, ma purtroppo spesso resta solo il nome a testimoniare la presenza del culto (come accade a San Vittorino, o a Villa Sant’Angelo). Per fare un esempio concreto possiamo però citare il Santuario di Sant’Angelo a Balsorano, il più antico, citato ufficialmente in una bolla di Bonifacio VIII del 1286, dove si parla anche di un monastero benedettino.
C’è poi nei pressi di Pescocostanzo la chiesa rupestre di San Michele, un eremo molto antico che già figurava dopo l’anno Mille come possedimento dei monaci cassinesi: due camere scavate nella roccia, la prima dedicata al culto, l’altra, più piccola, secondo la tradizione popolare utilizzata proprio come ricovero per i pastori.

durante i lunghi viaggi verso le pianure pugliesi
Ma il luogo a nostro avviso più suggestivo è sicuramente a Bominaco, con il suo Eremo di San Michele. In questa grotta ci sarebbero, secondo la tradizione popolare, le impronte scavate sulla roccia dal passaggio dell’Arcangelo. L’interno della grotta è particolarmente suggestivo: la pietra dorata dell’altare (forse un riferimento alla corazza dorata di San Michele) è illuminata dall’alto da una grossa apertura naturale.

A Bominaco, inoltre, la chiesa di Santa Maria Assunta viene adibita alle celebrazioni delle due feste di San Michele Arcangelo, e non è osservazione da poco, perché l’8 maggio e 29 settembre rappresentano, come detto poco fa, i due momenti fondamentali della transumanza, la partenza e il ritorno. Sempre a Santa Maria Assunta di Bominaco si radunavano greggi e mandrie per ricevere la benedizione prima della partenza dell’8 maggio.
L’origine delle due date della festa di San Michele
Secondo alcune fonti, le due date legate alla festa di San Michele avrebbero un’altra origine: il 29 settembre è il giorno in cui a Roma venne consacrata la prima basilica dedicata all’Arcangelo Michele sulla Salaria; e l’8 maggio richiama la vittoria longobarda sui Bizantini.
Quale che sia la vera origine dei giorni dedicati all’Arcangelo, resta il fatto che si tratta di due date che coincidono con i tempi canonici della pastorizia.
Le similitudini dei luoghi
Molte sono le somiglianze dei luoghi della transumanza: si tratta di caratteristiche che si ripetono sempre uguali, tanto da sembrare un modello costantemente esportato, una globalizzazione ante litteram: le edicole e le stazioni sui tratturi della transumanza sono spesso sovrapponibili tra la Puglia, la Sabina, il Sannio e via dicendo. I pastori ritrovavano nel loro percorso gli stessi scenari, le stesse, rassicuranti ambientazioni. I luoghi di ristoro e di culto favorivano scambi economici e culturali, rivestendo un’importanza storica straordinaria.
In tutte le vie della transumanza, dunque, l’Arcangelo Michele, con i suoi santuari di roccia e acqua, ha continuato a svolgere il ruolo di riferimento e protezione per i pastori e per il bestiame.
L’esempio di Corleto Monforte
Tra i tanti luoghi da portare ad esempio abbiamo scelto il Santuario di San Michele Arcangelo a Fasanella, in Campania, nei pressi di Sant’Angelo e di Corleto Monforte, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, luogo in cui è possibile assistere alla monticazione, come già abbiamo raccontato.
Perché proprio qui? Perché qui la transumanza avviene “come una volta”, mentre da noi le antiche modalità di alpeggio sono state sostituite dal trasporto con i camion, soprattutto a causa della distanza, oggi proibitiva, tra le stalle e il Gran Sasso.

A Corleto invece la transumanza è un evento che si svolge secondo gli antichi dettami: il bestiame viene condotto dai pastori, muniti di piroccola verso i pascoli montani, prima sulla strada asfaltata e poi lungo i tratturi.
Questa pratica non è solo un rito ancestrale, è un lavoro vivo e condiviso anche dalle nuove generazioni di allevatori, come abbiamo accuratamente testimoniato in un recente articolo e in un video documentale.
Anche qui, come a Bominaco, nel luogo della partenza c’è una chiesa davanti alla quale avveniva la benedizione delle greggi e delle mandrie. La chiesa è dedicata a San Vito, anche lui legato alla pastorizia e all’antico rito della turniata. Ma questa è un’altra, bellissima storia legata alla pastorizia.
Torniamo invece al Santuario di San Michele.
La Grotta di San Michele a Corleto
Come gli altri luoghi di culto micaelici, è caratterizzato da una grotta naturale, elemento chiave del culto dell’ Arcangelo. Le prime testimonianze di questa grotta risalgono all’anno 1000, in una pergamena conservata nell’abbazia di Montecassino.

Anche in questo caso, nella grotta di ben 52 metri di profondità, si respira una sacralità antica, e di nuovo troviamo acqua sorgiva e roccia, la costante che abbiamo evidenziato finora.
Come a Bominaco, c’è un lucernaio naturale sulla volta, a creare la stessa atmosfera suggestiva, solo più in grande.
Questo santuario offre una testimonianza particolarmente significativa della profonda connessione tra uomo e natura, tra pastori e senso del sacro. Ma non è tutto.
Chi scoprì la grotta? Il falco di Federico II
Federico II è un altro trait d’union tra L’Aquila e Corleto Monforte.
Ebbene, si narra che la grotta sia stata scoperta proprio grazie a un falcone di Federico che, durante una battuta di caccia, si sarebbe introdotto in una fenditura della roccia da cui proveniva una melodia incantevole. L’imperatore, seguendo il suo falco, avrebbe così scoperto la grotta e la sua sacralità.

La “melodia incantevole” nella grotta potrebbe significare una percezione di questo luogo come “incantevole”, come accade in tutti i santuari, da Delfi in poi. E di nuovo la cristianizzazione avrebbe in seguito dedicato la grotta all’Arcangelo Michele, che se ne fece custode, e custode dei pastori. D’altra parte, quale miglior luogo capace di acqua e roccia?
Tutta la storia inserisce il santuario in un tessuto narrativo che mescola eventi, fede, personaggi, religione e folklore. È un altro esempio di come la devozione popolare abbia saputo integrare elementi storici e leggendari, per dare vita a racconti che rafforzano il senso di appartenenza e la sacralità dei luoghi.
E, ancora una volta, i pastori si fanno custodi della memoria.
Luisa Nardecchia – Centro Studi per la Biodiversità PASSIONECAITPR

SITO/BIBLIOGRAFIA
Alessandro Bencivenga: Luoghi, tempi e modi del culto di ercole tra i paeligni (REGIO IV – SABINA ET SAMNIUM) in: “I luoghi della storia”, pp. 931-950
Luisa Migliorati: Peltuinum. Un caso di “pietrificazione” di un’area di culto, Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Atti del convegno “Arqueología viva de les ciutats de l’Antiguitat, Lleida dal 4 al 6 ottobre 2001
Pasquale Scarnera: Il culto di san Michele arcangelo come cristianizzazione del culto di un eroe fondatore dell’antica cettà Peuceta. In: Rivista di archeologia on line, luglio 2023
Fausto D’Addario, San Michele Arcangelo in Abruzzo. Riti e misteri di un culto ancestrale, Ottobre 2023
Attilio Mastrocinque, Ercole e le miracolose acque d’Abruzzo, IN: Archeologia Viva n. 58 – luglio/agosto 1996, pp. 34-41
Gabriella Marucci, L’Arcangelo, Bulzoni, 2003.
E inoltre:
San Michele e le vie pastorali
Il Culto di San Michele Arcangelo
San Michele: il Santo della transumanza