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Giornata mondiale dell’asino: siamo tutti Cariovilli!

by LUISA NARDECCHIA
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giornata mondiale dell'Asino

Si celebra l’otto maggio la giornata mondiale dell’asino, proprio una settimana dopo la festa dei lavoratori. Si vuole così celebrare l’asino come tradizionale mezzo di lavoro, che per secoli ha affiancato l’uomo in tutte le attività pesanti: agricole, di trasporto, militari. Oggi si sta tentando un rilancio della specie impiegandola in vari settori, il più importante dei quali è la produzione di “oro bianco”, il latte d’asina. Tuttavia è sempre in agguato sia il rischio dello sfruttamento, che quello dell’estinzione di alcune popolazioni, come già è avvenuto per la nostra razza autoctona, l’asino di Cariovilli, il nostro caro asino, l’asino del Gran Sasso.


L’idea di creare la Giornata Mondiale dell’Asino venne ad uno scienziato e etno-ecologo, Abdul Razik Kakar, che nel 2010 decise che gli asini meritavano di essere riconosciuti per la loro laboriosità e resilienza.

La data dell’8 maggio fu suggerita invece da tale Peta Jones, sudafricana grande appassionata e studiosa della specie asinina. Insieme avviarono una campagna per riconoscere i meriti degli asini, e da allora questa giornata viene celebrata ogni anno, per la gioia dei cultori di questo splendido animale.

Il senso (se c’è)

La Giornata Mondiale dell’Asino si propone alcuni obiettivi: innanzitutto il riconoscimento del contributo storico degli asini, che hanno giocato un ruolo fondamentale nell’agricoltura, nei trasporti e in tanti altri settori.

Oggi è la “Giornata mondiale dell’asino”: siamo tutti Cariovilli!

In secondo luogo, la sensibilizzazione mondiale: questa giornata richiama l’attenzione su problemi comuni come i maltrattamenti e lo sfruttamento.

Nei paesi in via di sviluppo, per esempio, si usa moltissimo la loro  carne, e gli asini vengono ancora fatti lavorare in miniera.
Nei territori di guerra invece finiscono per diventare un peso, e vengono abbandonati.
Infine, la condizione più orribile, in alcuni paesi dell’Estremo Oriente gli asini sono vittime del traffico di animali per scopi medici: vengono radunati, rubati, trasportati e infine macellati per utilizzare le loro pelli, da cui viene estratto l’ejiao, un elisir “miracoloso”.

Ma lo scopo primario di questa giornata, per quanto ci riguarda, è (oltre al rispetto naturalmente dovuto ai viventi) preservare la ricchezza della biodiversità legata a questo delizioso animale nel patrimonio zootecnico e culturale italiano.

La sensibilità nei confronti degli animali sta fortunatamente aumentando, e l’azione di salvaguardia delle biodiversità potrebbe fare fronte alla crescente erosione genetica.

È necessaria una maturazione culturale, una maggiore presa di coscienza nei confronti delle specie domestiche a rischio, tra cui alcune razze asinine, per lasciare ai nostri figli un mondo più ricco, e ricco non solo di supersonici modelli di telefoni cellulari, ma anche di specie animali diverse, e di cultura dell’ambiente.

I dati sugli allevamenti

Sicilia e Lombardia sono al primo posto per numero di asini allevati, seguono la Sardegna, il Piemonte e il Lazio.

I dati rilevano che dal 2003 al 2008 c’è stato un vero e proprio boom demografico per gli asini, con un aumento del 30%, prevalentemente nel Nord Italia.

La crescita è dovuta probabilmente anche alla possibilità di ottenere e fissare titoli PAC (diritti che gli agricoltori hanno per accedere ai pagamenti della Politica Agricola Comune dell’Unione Europea).

Per esempio, “un asino di razza sarda può beneficiare di circa 200 euro a UBA (Unità di Bestiame Adulto) e far introitare titoli PAC del valore di oltre 160 euro a ettaro, in aggiunta al premio per la razze minacciate dall’estinzione, com’è appunto l’asino di razza sarda”, spiega il vicepresidente del Centro Studi Agricoli.

La popolazione complessiva in Italia si aggira intorno agli 87.600 capi (fonte BDN agg. 31/12/24)

Le razze in Italia

Dal punto di vista filogenetico, in Italia le razze asinine originarie possono essere considerate quattro: Pugliese, Siciliano, Toscano e Sarda. Da queste è possibile estrapolare alcune sotto-razze, o popolazioni locali: la più consistente è la pugliese, da cui derivavano: Martina Franca, Calabrese, Leccese, Marchigiana, Lucana e Romagnola.

Oggi è la “Giornata mondiale dell’asino”: siamo tutti Cariovilli!

Ad oggi le razze asinine italiane riconosciute ufficialmente sono otto.

Delle popolazioni asinine, sette hanno un Libro Genealogico gestito da ANAREAI. Quattro appartengono a popolazioni non ancora dichiarate estinte, ma a rischio.

Infine, quattro razze sono state dichiarate estinte.

Una di queste apparteneva all’Aquila, e si chiamava asino di Cariovilli.

Il nostro caro asino

Poco è dato sapere su questo prezioso animale: sui forum specialistici si propongono varie ipotesi: secondo alcuni la razza sarebbe stata fortemente influenzata da quella pugliese per via della transumanza: il deposito degli stalloni a Foggia aveva come zona di competenza anche l’Abruzzo, ed era da lì che partivano i riproduttori per le stazioni di monta.

Oggi è la “Giornata mondiale dell’asino”: siamo tutti Cariovilli!

Secondo altri si trattava di una popolazione asinina locale rarefatta in seguito al suo mancato utilizzo.

Non sarebbe da escludere che ci siano in zona ancora animali locali che possano ricondurre a una ricostruzione mediante la visione della documentazione e dei caratteri morfologici per valutarne l’uniformità fenotipica e genotipica.
Forse solo grazie a iconografie, documenti, e memorie storiche si potrebbe risalire ad una descrizione più veritiera.

Ed è proprio quello che abbiamo cercato di fare.

Il racconto di Sante Acitelli

Preziosa potrebbe essere questa fonte, Sante Acitelli, che sul suo sito “Assergi racconta” scrive in un articolo: “Sul Gran Sasso esisteva una razza autoctona di asini chiamata Cariovilli ormai estinta da tantissimo tempo; aveva una particolarità: era l’unica razza albina (qualcuno obietterà che anche gli asini dell’Asinara sono albini, ma non è così, sono bianchi non albini!)”.

E in un altro articolo spiega meglio: “Sul Gran Sasso esisteva una razza autoctona di asini chiamata Cariovilli ormai estinta; aveva una particolarità: era l’unica razza bianca e non albina. I vecchi del paese dicevano che erano asini grandi, molto resistenti alla fatica ma si ammalavano facilmente, e per questo furono sostituiti con altre razze (i grigi Amiatini toscani ed i morelli di Martinafranca) fino a scomparire del tutto”.

“Ricordo ancora – prosegue Acitelli – alcuni asini maculati con il fondo bianco, forse incroci tra l’asino Cariovilli e le nuove razze importate; ce n’era una che si chiamava Lidia (…)  Riporto il ricordo di un racconto di tanti anni fa con mio cugino Antonio perché Lidia era sua”:

Ma tu pensa” mi diceva, “un’asina nata e morta nello stesso posto, sopra a monte Portella; lì fu partorita e lì s’a morte; Lidia era un’asina che riusciva a partire da Assergi ed arrivare a Campo Imperatore senza mai fermarsi, senza mai diminuire l’andatura; era sempre davanti quando si cavalcava in gruppo e non voleva mai stare arrede’; s’a morte che tenea 35 anni e ancora teneva testa agli asini più giovani”.

Grazie alle preziose descrizioni della memoria storica potrebbe essere ancora possibile ricostruire il fenotipo di questo animale “tutto nostro”, oltre che piangerne la scomparsa. Ma la memoria storica sta per esaurirsi.

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Quel che abbiamo

E allora pensiamo a quello che abbiamo, invece a che a quello che abbiamo perso, come direbbe Alex Zanardi.

La ripresa demografica dell’asino in Italia si è registrata ad inizio del nuovo millennio con il riconoscimento delle razze autoctone e la scoperta e sviluppo di diversi nuovi sbocchi per questo animale, come l’onoterapia, i trekking e la produzione di latte d’asina: infatti dal 2000 al 2005 la popolazione asinina in Italia sarebbe passata da 23.868 soggetti registrati a 28.932 capi, tendenza confermata con una vera e propria impennata agli 87.692 delle rilevazioni del 31.12.2024.

In Abruzzo, la consistenza effettiva si aggira intorno ai 2600 capi asinini. Alcuni allevamenti sono censiti, ma molti sono gli allevatori che non figurano, ovviamente, essendo l’iscrizione volontaria.

Ci sono allevatori appassionati, magari non hanno tantissimi capi, ma li tengono con cura, spostandoli per il pascolo stagionale. Sono esempi di buone pratiche, che magari non cercano visibilità e non sognano in grande, ma sono apprezzabili custodi della natura e della biodiversità.

La Regione Abruzzo ha aperto il bando per i contributi per il benessere animale, a scadenza imminente: i contributi possono essere chiesti dagli allevatori che si impegnano a garantire standard qualitativi di allevamento superiori all’ordinario.

I pericoli delle “Giornate mondiali”

Festeggiare un tema con una giornata “dedicata” serve a dare a questo tema il giusto valore, a ricordare che esiste, e che va studiato e preservato.

Quindi, nulla da dire su questa giornata mondiale dedicata a un animale salvato dall’estinzione.

Tuttavia, è necessaria una grande attenzione: proprio a seguito del boom di popolarità, l’asino rischia di subire un nuovo sfruttamento, magari diverso da quello antico, più tecnologico: per esempio c’è il rischio di trasformare le asine in macchine produttrici di latte per cosmetici e per alimentazione umana, viste le sue straordinarie proprietà.

La specializzazione estrema nell’allevamento di asine lattifere potrebbe portare all’utilizzo esagerato di mezzi chimici, come l’ossitocina; oppure c’è il rischio di una selezione estrema dei soggetti più produttivi.

Bisogna sperare che ci sia una consapevolezza (o un “controllo”?) tale da garantire la conservazione della specie originaria.

C’è poi il rischio che la giornata incrementi un entusiasmo poco consapevole per l’acquisto di un asinello “da giardino”: chi si è improvvisato allevatore per moda, o per affezione in buona fede, spesso non regge la fatica, o la responsabilità, e ne deriva l’abbandono e la vendita (possiamo immaginare a chi).

C’è dunque da sperare che questa giornata mondiale stimoli una riflessione scientifica altrettanto mondiale su questi temi, anche in linea con l’Agenda 2030.

Sui sentieri della Biodiversità

Nel frattempo, vorremmo suggerire di fare una bella passeggiata in campagna con i bambini: proprio in questi giorni nascono i puledri! E non c’è spettacolo più bello di un cucciolo d’asino che trotta libero. Abbiamo la fortuna di avere pascoli e monti a pochi minuti d’auto dalle nostre case, è un privilegio di cui spesso ci dimentichiamo.

Tra i tanti piaceri che ogni giorno stimoliamo nei bambini e nei ragazzi, come quello di andare al cinema o di guardare i documentari, è auspicabile che si solleciti anche il grandissimo piacere di guardare dal vivo, e da lontano, una mandria di asinelli al pascolo in primavera: senza toccare, senza afferrare, solo… per il piacere di riempirsi gli occhi di uno spettacolo bellissimo della natura!

Perché siamo tutti Cariovilli.

Luisa Nardecchia

Centro Studi per la Biodiversità PASSIONECAITPR

Ti consigliamo di vedere il video realizzato in occasione della Giornata della Terra

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